mercoledì 30 gennaio 2008

Consigli per la lettura

Era da un po' che non leggevo qualcosa scritto da lui ed a dire il vero mi era molto mancata la sua intelligente ironia.
Vi consiglio dunque questa lettura:

Ci siamo rotti le ecoballe: Uomini e Topi
scritto da
Mr.Cima

lunedì 28 gennaio 2008

Monnezza Game

Grazie a Gisi, che mi ha fatto morire dal ridere con questo gioco!
Certe volte è meglio farsi 'na risata che chiagnere...
Provate a giocarci anche voi, che poi voglio sapere quanta monnezza avete fatto mangiare a Rosetta!!!

http://www.tuttoscemo.com/images/stories/download/pacnapoli.swf

PS: utilizzate le frecce per muovervi e state attenti ai bidoni della monnezza, esattamente come quando camminate per strada a Napoli...
Se poi fate mangiare un topino a Rosetta ( so che vorreste farglielo fare anche nella vita reale, esattamente quanto me!), sarete protetti quando incontrerete il cassonetto!

Giorno della memoria

Non ho pututo farlo ieri...

Per non dimenticare questi orrori.

Perché la memoria storica è fondamentale, affinché certe cose non si ripetano MAI PIU'.
Perché si cerca d'insabbiare la VERGOGNA con il revisionismo dei fatti storici.


Tratto dal sito Olokaustos:


La sorte dei gemelli
di Auschwitz


I bambini gemelli che arrivavano ad Auschwitz da tutta Europa venivano selezionati da Mengele in persona appena scesi dai treni. Mengele si aggirava lungo le fila dei prigionieri gridando "Zwillinge heraus!" ("Fuori i gemelli").
Una volta isolati dai propri genitori i bambini venivano marchiati come gli altri prigionieri ma con un numero speciale al quale spesso veniva aggiunta la sigla "ZW" (per "Zwillinge").
Una volta arrivati alle baracche che avrebbero dovuto ospitarli per prima cosa venivano esaminati e misurati dalla testa alla punta dei piedi. Se anche fosse mancato il minimo particolare il medico addetto alla misurazione (solitamente un prigioniero) sarebbe stato punito.
Venivano richieste loro informazioni sulla famiglia secondo un formulario preparato dal professor Verschuer cui poi venivano spediti i fascicoli.
A differenza di tutti gli altri prigionieri ai gemelli era consentito di mantenere i capelli lunghi per diversi giorni dopo l'esame. Dopo essere stati selezionati sulla banchina dei treni erano sottoposti ad una doccia per poi essere condotti nell'ambulatorio medico.
Gli esami iniziavano dalla testa che veniva misurata accuratamente anche per più giorni. Successivamente erano sottoposti ad un esame completo ai raggi X in tutto il corpo. Solitamente poi era applicato loro una specie di tubo al naso che insufflava nei polmoni un gas provocando una tosse violenta. L'espettorato era raccolto ed esaminato. Seguiva poi una fase nella quale i bambini erano fotografati con particolare attenzione ai capelli e ai peli delle ascelle. Per questo motivo erano costretti a rimanere immobili per molte ore con le braccia alzate.
Il giorno successivo erano svegliati di mattina presto e condotti in una stanza nella quale vi era un tino con acqua calda e una serie di tavole. Dapprima erano costretti ad immergersi nel tino e poi, venivano legati ad una tavola in modo che i capelli ricadessero all'esterno. Una parte dei capelli veniva strappata in modo da estrarne anche la radice. Dopo questa operazione erano reimmersi nel tino parecchie volte e l'operazione veniva ripetuta diverse volte. Infine, quando il numero di capelli raccolti era stata ritenuta sufficiente, i bambini erano completamente rasati, depilati e nuovamente fotografati.
La fase successiva consisteva nel praticare clisteri di due litri dolorosissimi. In diversi giorni venivano sottoposti ad esami rettali e gastrointestinali senza alcuna anestesia. Solitamente, a causa delle urla di dolore, venivano imbavagliati.
Il giorno successivo era la volta di un doloroso esame urologico con prelevamento di tessuti dai reni, dalla prostata e - nei maschi - dai testicoli.
Dopo tre settimane di esami i due gemelli venivano uccisi simultaneamente con un'iniezione al cuore; i cadaveri venivano dissezionati e gli organi interni inviati al professor Verschuer all'Istituto di ricerca biologico-razziale di Berlino.

Questa orribile trafila rappresentava la norma ma Mengele stava conducendo sui gemelli studi suoi in relazione a progetti condotti da Verschuer e dai suoi collaboratori.
Uno di questi riguardava le anomalie dell'apparato visivo. A Berlino se ne occupava la dottoressa Karin Magnussen. Mengele si interessava particolarmente alla eterocromia, uno scoloramento dell'iride dell'occhio causato da atrofia del pigmento. Questa patologia presenta e comporta una colorazione dell'iride chiara, blu acqua ad un solo occhio. Mengele si interessava ai casi di eterocromia soprattutto nei gemelli.
Il suo obiettivo era trovare il modo di influire sul colore degli occhi trasformandoli da scuri ad azzurri. Per far questo iniettava nell'iride metilene blu. Il risultato erano atroci sofferenze, cecità e nessun cambiamento.
È interessante notare che questi esperimenti non avevano alcuna base scientifica.
Dopo l'eliminazione dei gemelli i loro occhi venivano espiantati e inviati a Berlino alla dottoressa Magnussen.
A Berlino Verschuer ed il suo assistente, il biochimico Gunther Hillmann, si interessavano allo studio delle proteine del sangue e inseguivano il sogno di riuscire a trovare una differenza sostanziale tra il sangue degli ebrei e quello degli ariani. Per questo Mengele si impegnava nell'operare prelievi di sangue da inviare a Berlino. Spesso il prelievo di sangue era totale e terminava soltanto con la morte del bambino.
Altra "passione" di Mengele era lo studio di una malattia chiamata "Noma" (una cancrena che aggredisce il viso). Quando Mengele si accorse che i bambini zingari venivano particolarmente colpiti se ne interessò immediatamente. Credeva che questa particolare esposizione alla malattia fosse dovuta a predisposizione razziale. Il Noma colpisce particolarmente soggetti in precarie condizioni di alimentazione e, quindi, era chiaro che l'insorgere della malattia era dovuto alle condizioni del campo. La malattia colpisce gli angoli delle labbra, le guance, e le gengive provocando ulcerazioni va via più vaste e orribili.
Mengele, anziché curare i bambini, lasciava che la malattia proseguisse il suo corso prelevando con il bisturi campioni di tessuto da studiare. Quando lo studio era terminato i bambini venivano "pietosamente" avviati alle camere a gas.
La punta di gemelli che arrivarono tra le mani di Mengele si verificò con l'enorme afflusso di ebrei deportati dall'Ungheria.
A disposizione di Mengele vi erano anche 400 persone contemporaneamente. Su queste persone la fantasia criminale di Mengele si sbizzarisce: trasfusioni incrociate di sangue di tipo differente tra i gemelli, esperimenti sul midollo osseo e altri orribili, quanto inutili, studi pseudo scientifici.


Alcuni dei gemelli di Auschwitz dopo la liberazione del campo.

Le condizioni fisiche di un gruppo di gemelli alla liberazione del campo (gennaio 1945)
Tabella tedesca degli anni Quaranta per lo studio della ricorsività del colore degli occhi nelle varie generazioni. Su tabelle come queste Mengele aveva studiato per poi applicarsi ai suoi folli esperimenti per cambiare colore agli occhi delle sue vittime.

venerdì 25 gennaio 2008

Cose quotidiane

Cose che possono capitare in una giornata qualunque, ad una persona poco comune:

Scoprire che il suo cane PIGRO, di taglia media, pesa quanto un cane di taglia grande e sentirsi molto mortificata, per questo, al controllo dal veterinario.

Sentirsi dire dal suo amico veterinario, nonché collega, “Chistu cane, ten’ o strutt’, rint’ e’ vene, invece ro’ sanghe!!!”, riferendosi al siero lipemico del cane PIGRO.

Accettare un invito ad una cena fuori, tra donne, per sfuggire alle grida di giubilo del padre, che gode nel vedere la caduta del governo.

Sperare che alla cena tra donne, si parli esclusivamente di uomini, e cazzate varie, perché non ha voglia di parlare di questo governo che è caduto, che se pure faceva schifo, lei lo aveva votato.

Durante la cena con le amiche, non si parla di uomini, ma del governo caduto, dello sconforto, della delusione, delle speranze investite inutilmente, e del timore per il futuro, perché già il presente è una MERDA, politicamente, socialmente e lavorativamente parlando, ma il futuro, ora come ora, fa ancora più paura.
Si discute, ovviamente, anche della situazione di Rifondazione, e di tutte le spaccature che ci sono all’interno del partito, per la serie, ma si… facciamoci del male!

Pensare che se fosse stata un’oca giuliva, avrebbe campato molto meglio, a parlare alla cena con solo donne, di uomini e cazzate varie, invece d’intossicarsi.

Metterci un sacco di tempo per tornare a casa, perché ha beccato, lungo la strada davanti a lei, uno dei pochissimi camion della monnezza, che circolano per Napoli.

Rientrare a casa e trovare suo padre è ancora sveglio, che l’aspetta con un sorriso trionfante e le dice: “E’ caduto il governo, lo sapevi?”
“Si, ho sentito qualcosa in giro… BUONA NOTTE!”



mercoledì 23 gennaio 2008

Vorrei


Vorrei certe volte sapermi ascoltare.
Vorrei capire se quello che dice la voce dentro di me è davvero quello che voglio.
Vorrei capire quanto c’è in me di sovrastruttura, di perbenismo, di voglia di trasgressione, di menefreghismo, di paura di lasciarsi andare, di paura della solitudine, di paura di non essere sola, di paura del mondo e del modo di affrontare il tutto.
Vorrei imparare ad ascoltare il mio corpo, ma anche lui è dilaniato nel dubbio.
Anche lui lancia mille segnali, contrastanti, mille segnali per mille parole, per mille contraddizioni.
Vorrei riuscire a vivere, perché il tempo è fugace, quello che hai oggi, domani non lo avrai.
Vorrei vivere in serenità, coerente con me stessa.
Vorrei poter fare qualcosa, e poi non gridarmi stupida, perché l’ho fatta, o perché non ho avuto il coraggio di farla.

Vorrei, per una volta, vivere anche il silenzio dei miei pensieri.

giovedì 17 gennaio 2008

La Kryptonite nella borsa - Ivan Cotroneo



Ok, volevo fare una recensione come di deve, di quest’ultimo libro che ho letto “La Kryptonite nella borsa” di Ivan Cotroneo, ma mentre cercavo di descrivere lo stile divertente, ma nello stesso tempo inteso, e tenerissimo del libro, mi venivano in mente solo immagini della mia famiglia.
Si, perché mi ci sono rivista tanto in questo libro, che parla di un bambino napoletano di sette anni, cresciuto, negli anni ’70, in una famiglia scombinata, ma tanto unita.
I suoi genitori sono praticamente assenti, il padre ha un’amante, la madre cade in depressione, e lui è affidato quasi totalmente ai nonni materni, ed agli zii ventenni, che indossano il look tipico dei “figli dei fiori”, e che lo portano a riunioni post sessantottine ed a festini psichedelici, insieme con loro. Lui, ubbidientemente li segue, non capendo molto cosa succede, ma divertendosi immensamente con loro.
Peppino, così si chiama il bambino, ha un animo sensibile, è intelligente, timido, indossa un paio di lenti “arrepezzate con lo scotch”, che lo fanno sembrare anche tanto buffo ed è stato catapultato, dagli eventi della vita, in un mondo di grandi, di cui prova a capirne le dinamiche grazie anche all’aiuto di Gennaro, un ragazzo eccentrico del quartiere, che è solito vestirsi da Superman.
Il libro si legge velocemente, è di quelli che scorrono con leggerezza strappandoti qualche volta un sorriso, altre volte una lacrima, altre volte una vera e propria risata.
Le situazioni che racconta, mi hanno tanto ricordato quando da bambina seguivo le mie sorelle ai cineforum studenteschi, o alle partite di basket della scuola, o alle loro feste di compleanno.
Ricordo tutti quei ragazzi vestiti strani, colorati, con pantaloni larghi, casacche, capelli lunghi, nastrino sulla fronte…
Ricordo che non capivo nulla dei film che vedevo, o delle partite, né di quello che si dicevano, ma mi piaceva l’atmosfera che respiravo, ero tra grandi, che si divertivano tanto e di riflesso, mi divertivo anche io!
E poi anche la mia famiglia, è la classica famiglia napoletana, numerosa, ed allargata di zii e cugini vari, anche se noi, usiamo meno soprannomi per chiamarci.
Insomma, questo libro è tenerissimo, pieno di sentimenti, di buoni sentimenti, ed ogni tanto, una lettura così ci vuole.


- Gennaro sospirò e se lo prese in braccio.
“Peppi’, dipenderà da te, se la tua vita sarà facile o sarà difficile. Se tu cercherai di nasconderti in mezzo agli altri, di assomigliare a chi è diverso da te, passerai un sacco di guai. Se capirai che a stare un po’ soli, a essere un esemplare unico, non c’è niente di male, sarai felice.
Siamo tutti esemplari unici, è una cosa che ho capito troppo tardi”
Peppino lo guardò.
“Ma insomma, fammi capi’, qualche superpotere ce l’ho pure io, o no?”
“Ce l’hai, ce l’hai, ma è una fissazione! Ce l’hai, anche se non ti posso dire qual è, perché non lo so, e non lo sai nemmeno tu. Ma lo scoprirai, se farai veramente quello che ti senti di fare nella vita. Hai capito?”
“Non lo so, se ho capito. Parli troppo strano.”
“Senti, guagliò, quanto scassi il cazzo, io non ti posso dire di più perché sei troppo piccolo. Però ricordati quello che ti ho detto. Sono sicuro che al momento buono queste parole ti serviranno per non fare la fine mia. Ti fidi?”
“Mi fido”
Restarono ancora un momento in silenzio.
“Che vuoi fare mo’?” chiese Gennaro.
“Voglio tornare a casa, se non ti dispiace. Tengo sonno.”
“Allora appenditi di nuovo al collo. Però fai piano con quelle unghie, mannaggia a te, per arrivare fino a qua m’e fatto nu ‘straviso. Ma tua mamma nun t’e taglia?” –

Tratto da La Kryptonite nella borsa, di Ivan Cotroneo.

mercoledì 16 gennaio 2008

Buone notizie



Eh... questi poveri perseguitati....
Ma in che mondo viviamo, ad uno gli impediscono di parlare, ad un altro che ha un "fortissimo senso dello stato", gli prendono in ostaggio la moglie e si deve dimettere ( che era anche ora...).
Ma signori miei, non c'è più "religione", non c'è più "giustizia"... ma stessimo incominciando a fare le cose un po' più seriamente?!
Mah... vediamo lo svolgersi degli eventi, che al vento positivo, ho imparato a crederci poco in questa italietta.

Un animale notturno



Che fossi un animale notturno, l’avevo capito sin da bambina quando, fatto l’orario per andare a dormire, venivo assalita dall’angoscia.
Piangevo disperata, non ne volevo sapere di andare a letto.
A nulla servivano le rassicurazione di mia sorella, mia madre non ha mai avuto la pazienza di spiegarmi le cose, che mi diceva che non succedeva nulla, che bisognava andare a dormire perché la giornata era finita, che per fare le cose che mi piacevano, avremmo avuto tutto il giorno dopo a disposizione, a nulla serviva farmi vedere che era buio, e quando è buio fuori, i bambini, le persone grandi, dormono, io continuavo a piangere disperata.
Non sapevo nemmeno io spiegare perché, ma piangevo e non volevo andare a dormire.
Forse perché la sera per me era un po’ magica.
Mio padre era a casa, ed io mi stendevo su di lui in poltrona a guardare un film, le mie sorelle anche c’erano, ed erano meno impegnate con la scuola, e quindi mi dedicavano più tempo.
Persino fare a botte con mio fratello, mi divertiva di sera.
Da qualche parte, ho letto che i bambini non amano andare a dormire, perché non hanno la concezione del tempo, e quindi per loro ogni notte, quando chiudono gli occhi è un po’ morire.
Quel distacco dalla giornata trascorsa, non lo vivono come una pausa di riposo della loro vita, ma come una fine senza ritorno, ed è questo a spaventarli.
Non lo so, perché da bambina piangevo disperata ed angosciata al solo pensiero di andare a dormire, ma so di certo che anche adesso, da adulta (?), la notte è mia amica.
Continuo ad essere, con il passare degli anni, un animale notturno.
Mi piace la città buia e silenziosa, mi piace la casa con le luci spente, mi piace sentire il rumore dei miei pensieri, mi piace incontrare su internet, amici nottambuli come me.
Non mi prende più l’angoscia di notte, le mille paure del vivere, mi assalgono di giorno, di notte no, quasi mai.
Mi piace, a tarda notte, quando ormai tutto tace, infilarmi sotto le lenzuola, e continuare ancora un po’ ad assaporare quel silenzio, magari leggendo un libro. Mi piace la sensazione delle lenzuola fresche sul corpo, quando ancora le mie membra non sono abbastanza intorpidite, da non distinguerla più, quella sensazione.
Mi piace fare l’amore di notte, tutta la notte, quella sensazione di appisolarsi appena, tra un abbraccio ed una carezza, di sapere che lui è al tuo fianco, e dorme anche lui del tuo stesso sonno leggero.
Sarà per questo, che ogni mattina il risveglio per me è traumatico.
Una volta che mi sono abbandonata al sonno, non ne vorrei mai uscire fuori, è come una droga.
Il mio rapporto conflittuale con il sonno, giunge all’apoteosi quando devo sentire la sveglia.
Le ho provate tutte.
Ho provato la sveglia al quarzo, quella che fa il fastidiosissimo beep beep, continuato, sin quando non ti alzi.
Ho provato quella a cui si dà la carica, e quando suona fa il classico driiiin.
Ma tutte le sveglie hanno fatto la stessa fine, prima o poi, inconsciamente, le ho gettate lontane dal letto.
Certe volte me le sogno anche! Sogno di sentire una sveglia, di spegnerla, ma questa continua a suonare, nonostante tutti i miei tentativi. Nel sogno, la getto a terra, le tolgo le pile, ma la bastarda continua a suonare, sino a quando non mi accorgo che stavo solo sognando, che quello che sentivo nel sonno, era effettivamente la sveglia che suonava nella realtà e che non avevo mai provato a spegnere.
Ho provato anche con la radio sveglia, ma ad un volume normale, non fa altro che accompagnare il mio sonno, e magari mi sogno anche la canzone che la radio trasmette in quel momento, come colonna sonora ai mie sogni.
Allora devo metterla a tutto volume, per sentirla, sobbalzare dal letto con il batticuore, alzarmi per spegnerla, e se sono fortunata, resistere alla tentazione di rinfilarmi sotto il caldo piumone.
A volte è anche capitato, che nonostante il volume alto non la sentissi, allora mia madre esasperata dal frastuono che improvvisamente aveva riempito la casa, veniva nella mia stanza, maledicendomi, per spegnerla, mentre io infastidita dal casino che faceva lei (mia madre) riprendevo sonno.
Ho provato anche con il risveglio a tappe.
Mettendo un paio di sveglie ad orari diversi.
Certe volte, le ho messe a distanza ravvicinata, con mezz’ora di differenza.
Sapevo che suonata una, potevo dormire ancora per un’altra mezzora, prima che suonasse l’altra (sempre che sentivo l’una e l’altra).
Ma uno scarto di mezz’ora non mi bastava, per godere del tepore che si prova tra il sonno e la veglia. Allora, ho deciso che la differenza di orario doveva diventare di diverse ore; dovendomi svegliare alle otto, per esempio, mettevo una sveglia alle cinque del mattino, così che avessi ben tre ore, per continuare a dormire, prima di svegliarmi definitivamente, sempre che sentissi la seconda sveglia.
Al momento, la radio sveglia non ce l’ho più, e tutte le altre sveglie mi snervano troppo.
Adesso sto usando i cellulari… due, allo stesso orario.
Poiché, il loro orologio ha uno scarto di qualche minuto di differenza, suona prima uno, e dopo poco un altro, a ricordarmi di alzarmi.
Per ora funziona, ma lo so, che presto lancerò anche loro a terra, mi conosco.
Mi ritroverò, così, beatamente dormiente, senza nemmeno più il telefonino, che giacerà a terra sfracellato.
La cosa bella, di tutto questo mio incespicare al mattino con sveglia, radiosveglia, cellulari ed affini, è che il cane PIGRO ha il sonno più pesante del mio. Non si scompone di un millimetro, manco rizza un orecchio per capire che succede, che vuol dire tutto quel casino, lo sa che sono io che provo ad abbandonare il letto.
Certe volte penso che potrebbe cascarci in testa la casa, e non accorgercene.
Qualche anno fa, mi ricordo che andai a dormire con un cielo molto nuvoloso di notte.
Il giorno dopo mi svegliai, in tutta tranquillità, accompagnata nel sonno da un silenzio irreale, tra l’altro i miei erano fuori città, quindi la casa era già normalmente più tranquilla. Quando con calma alzai la persiana, vidi che la strada sotto casa mia era completamente deserta, c’era solo una macchina dei vigili urbani che bloccava il passaggio ai pedoni. Mi dissi che forse c’era stato un incidente, ma quel silenzio, quella calma, era del tutto immotivata anche per un grave incidente.
Mi affacciai, allora al balcone della cucina, e vidi il disastro.
Tutto il cortile interno era diventato una piscina, le macchine, il mio scooter, completamente sommersi dall’acqua.
Seppi che la sera precedente, c’era stato un nubifragio, che si era anche presentata l’ipotesi di evacuare il palazzo, ma io non avevo sentito nulla!
Non avevo sentito il temporale, né i soccorsi, né la gente che aveva provato a spostare le macchine, prima che avvenisse il peggio.
Niente di niente, io ed il cane PIGRO, avevamo continuato a dormire, beanti, a riprova che siamo una coppia perfetta.
Mi piango, il povero uomo, che un domani, dovrà condividere con me ed il cane PIGRO, il nostro risveglio… traumatico.
Lo so, certe volte, riesco ad esasperare anche me stessa, figuriamoci una persona che non è abituata a “certe mie abitudini”.
Ma poi mi rispondo che, se io un giorno riuscirò a sopportare una suocera, lui potrà sopportare benissimo le mie abitudini notturne e del risveglio.

martedì 15 gennaio 2008

In movimento

Le nuvole - De Andrè


Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell'airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.




Ma il sole c'è SEMPRE,e le stelle anche, siamo noi che ogni tanto ce ne dimentichiamo...
Loro aspettano solo il nostro sguardo, oltre le nuvole, per continuare a farci sperare, a farci sognare...
Oggi, dopo tanto tempo, sono serena, sarà che sono al secondo proposito del nuovo anno, la strada che mi sono preposta è lunga, e non sarà priva di difficoltà, ma l’ho intrapresa e per me questo è importante.
Avrò i miei tempi, il mio passo, sarà tutto in salita per ora, ma è comunque un camminare, non sono più ferma a guardarmi intorno smarrita,ma sono di nuovo in movimento con la vita, la mia vita.

domenica 13 gennaio 2008

Lacrime



“Pare che le lacrime siano nate nel corso dell’evoluzione della specie, e precisamente nel momento in cui i pesci lasciarono le profondità del mare, e comparvero sulla terra i primi anfibi, che avevano la necessità di mantenere sempre umido il cristallino dell’occhio, non trovandosi più costantemente in acqua. Nacquero così le lacrime basali.
Ciascuno di noi ne sviluppa quindici centimetri cubici all’anno. Esse non si trasformano mai in goccia vera e propria, e servono in sostanza a tenere umido l’occhio.
Esistono poi le cosiddette lacrime riflesse, quelle che sgorgano in seguito a un fenomeno esterno, per esempio quando un granello di polvere entra nell’occhio, o quando si affetta una cipolla.
E infine le lacrime emotive, dette anche psicologiche, che dipendono da fattori appunto emotivi.
Nelle lacrime si ritrovano circa centotrenta sostanze diverse. Le lacrime basali e riflesse differiscono completamente per composizione da quelle emotive.
Le lacrime emotive contengono più proteine, più potassio e manganese. In particolare il manganese è presente per il trenta percento in più.
Dal momento che il manganese si trova in abbondanza nel cervello dei depressi, forse il pianto ha funzione di alleviare la depressione, poiché consente di espellere il manganese in eccesso. Inoltre nelle lacrime versate per emozione è presente in abbondanza l’ormone adrenocorticotropo, che è un ormone indicativo dello stress.
Nessuno sa ancora se, tra le lacrime emozionali, le lacrime versate per amore abbiano una composizione differente da quella delle lacrime versate, per esempio, per la morte di una persona cara, o per rabbia, o per commozione mentre si legge un libro o si vede un film.
E nessuno a oggi può dire veramente a cosa servano le lacrime d’amore.”

Tratto da - Cronaca di un disamore - di Ivan Cotroneo.



Dovrebbero scendere, dovrei sentirle salire su, prima pizzicarmi gli occhi, poi annebbiarmi la vista ed infine bagnarmi le guance.
Dovrebbero dare voce a quel nodo che ho in gola, a quel senso di vuoto che ho in petto, eppure non ci sono.
Forse arriveranno, improvvise, inattese.
Useranno, come scusa, una banalità e finalmente si libereranno,
ed io avrò pace.
Magari potrei uscire fuori, la pioggia, bagnandomi il viso, le farebbe sentire meno timorose di mostrarsi, anche a loro stesse.
“No, non sono lacrime, è pioggia” direi e complice del loro pudore, le lascerei uscire.
O forse, lacrime da versare non ci sono, perché il silenzio che ho nel petto ha origini ancora ignote, sfugge il motivo per cui lo si sente, ed allora perché dargli voce, se motivo non c’è, o se c’è, non lo si vuole ancora vedere?
Ed allora taccia il nodo in gola, rimanga inespresso il mio vuoto in petto ed asciutti in miei occhi, tutto ha il suo tempo.

sabato 12 gennaio 2008

Fino all'ultimo - Carmen Consoli

Lo scorrere delle immagini è principalmente un pretesto per inserire questa canzone, anche se Klimt è il mio pittore preferito.
L'ho cercata su youtube, ma la qualità audio e video non mi piacevano, ed allora...


giovedì 10 gennaio 2008

Foto artistica (????)

Certe volte, con me, mio fratello ha slanci di generosità inattesi.
Capita che quando si compra qualcosa di nuovo, come un pc, oppure uno schermo monitor, o altre cose, quelle che non usa più, ma che comunque funzionano bene, a detta sua, le passa a me.
Così mi ritrovo con il suo vecchio pc, con il suo vecchio monitor ( che s’è ormai rotto), ed ora con la sua vecchia macchinetta digitale.
Sicuramente è un risparmio economico notevole per me, ma di certo non di salute mentale.
Si, perché nonostante dica che i suoi “lasciti” siano in perfette condizioni, e ben funzionanti, un motivo ci sarà perché se li toglie e li passa a me.
Riguardo al suo ultimo passaggio di proprietà, la macchinetta digitale, per esempio, in teoria era perfetta.
Carina, maneggevole, subacquea, di colore verde.. verde speranza… “ verde speramm’ che funzion’!”.
Ma, come ho detto, c’è sempre il trucco negli oggetti che mi passa mio fratello.
Per la macchina digitale aveva perso in ordine: Cavetto, Driver, Istruzioni.
Il cavetto è stato facile trovarlo in un negozio per pc.
Le istruzioni, mi posso anche arrangiare, ed usare il mio lato intuitivo.
Ma il driver… e no, quello mi serviva proprio.
Riesco a risalire tramite la marca, al driver da utilizzare, ma per averlo serviva il codice a barra che doveva essere sulla scatola d’imballaggio della fotocamera, e secondo voi, mio fratello l’aveva conservata? Ovviamente, no!
Che fare allora?
Semplice, rivolgersi al pusher panettiere, che un tempo, quando non avevo l’ads, mi procurava la musica introvabile ai più.
In pratica, dopo una breve consultazione, l’uomo, che sotto la panetteria, ha un vero e proprio laboratorio di pc, risalendo dalla marca della macchinetta, ha detto che era cinese, che la marca segnata sulla macchina era il nome d’importazione, e dunque il driver si poteva scaricare dall’altra marca, quella originale…cinese!
Beh comunque, alla fine, la fotocamera funge, riesco a scaricare le immagini sul pc.
Sicuramente, rispetto a quelle scattate con il cellulare, che usavo prima, è un salto di qualità notevole.
Giudicate voi la, qualità della macchina, con la mia prima foto artistica (?) dedicata al Quarzo dell’ Ammor’…
Le altre, oscene, del Natale in casa Super Fox, ho la decenza, ancora, di risparmiarvele!



mercoledì 9 gennaio 2008

Su la Testa!

Dedicato a chi si vergogna d' appartenere ad una città, sputtanata in tutto il mondo, violentata dalla Camorra, dal mal costume della gente e dai politici… TUTTI.
Dedicato a chi si sente avvilito, a chi pensa che le cose non cambieranno MAI.
Dedicato a chi … sta per accettare, a chi… sta per mollare…




... la Storia siamo NOI!

sabato 5 gennaio 2008

La Befana in casa Super Fox



La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il cappello alla romana
Viva Viva la Befana!!!


Stanotte volerà per i cieli del mondo la vecchietta sulla scopa.
Io da bambina adoravo questa festa, soprattutto la notte del 5 Gennaio, e forse più che di Babbo Natale, mi è dispiaciuto di perdere, da bambina, la figura della Befana.
Ogni 5 notte, ricordo che facevo tardi a dormire, non riuscivo a prendere sonno.
Ero terrorizzata da questa vecchia, che immaginavo brutta e cattiva, che entrava in casa nostra.
Il mio terrore, nasceva dai racconti dell’orrore che mi faceva mio fratello.
Mi diceva: “Se ti trova sveglia ti porta via!!!”
“Ti lascia solo carbone, se non vai a dormire!!!”
E più mi diceva questo, e più io avevo paura di andare a dormire da sola nel mio lettino, così finivo sempre nel lettone dei genitori, e per me era una festa!
“Ti viene a tirare le dita dei piedi durante la notte, per vedere se dormi davvero!”
Una volta, ricordo ancora, che mio fratello si nascose sotto al letto, e cacciò una mano per afferrarmi una caviglia di sorpresa, tipo film horror, con conseguente urla isteriche mie, e ciabattate da parte di mia madre… ad entrambi!
A tarda sera, prima di andare a dormire, si preparava la cena per la Befana, perché la vecchietta, se rifocillata per bene, era più generosa.
Allora, mettevo la tovaglia, il piatto con il pezzo di pane, il formaggio, un frutto, l’acqua, una tazzina di caffè perché la notte era lunga, e doveva far visita a tanti altri bambini, meglio restare sveglia, che a volare su una scopa rischiava l’osso del collo e… una sigaretta, perché se era fumatrice, era meglio accontentarla anche in questo!
Mi ricordo, che dormivo sonni agitati, sognando questa vecchietta che s’aggirava per casa.
Ad ogni rumore strano sobbalzavo, con quel mix di paura ed eccitazione che mi faceva pensare:
- Oddioddioddio è LEI! E’ arrivata!!! Devo fingere di dormire se no mi porta via! Chissà se ha già lasciato i regali…-
Guardavo il calzettone di mio padre appeso al letto, per l’occasione, perché i suoi erano GRANDI e c’entrava più roba rispetto ai miei, che erano piccini, ed era vuoto!
Allora, no… non era ancora passata, c’era il rischio di vederla comparire da un momento all’altro davanti al letto, per tirarmi le dita dei piedi!!!
Richiudevo gli occhi, e riprovavo a prendere sonno, fin quando sempre tra veglia e sonno, vedendo le prime luci del giorno, riguardavo quel calzino e lo trovavo pieno!
Era arrivata!!!
- E’ Arrivaaaataaaaa!!! – gridavo balzando in piedi sul letto!
- SVEGLIAAAAAA!!! E’ ARRIVATAAA!!!-
Saltando sul lettone dei miei genitori.
- SVEGLIAAAAAA!!!! E’ ARRIVATAAA!!!-
Gridavo correndo per tutte le stanze, per svegliare anche le mie sorelle e mio fratello, anche se era mattina presto, perché TUTTI insieme dovevamo aprire i regali.
- ALZATEVI PRESTOOOO!!! E’ ARRIVATA!!!-
Mandavo avanti una delle mie sorelle a vedere se nella stanza dove stava l’albero di Natale, ci fosse ancora la vecchietta, di mio fratello non mi fidavo!
Quando mi dicevano che la strada era libera, allora correvo a vedere i regali, ma il più delle volte non li trovavo!
Eh, si, perché la Befana era generosa, ma dispettosa, me li nascondeva per tutta la casa!!!
Controllavo però che avesse mangiato TUTTO, ed effettivamente era tutto consumato, persino il caffè e la sigaretta s’era fumata (viziosa!), poi, come una forsennata, aprivo una porta, poi un’altra e finalmente una volta trovato il cumulo di pacchetti, eccitatissima gridavo:
-Eccoliiii, SONO QUI!!! Li ha nascosti QUA!!!-
Ancora sorrido, pensandomi da bambina, secondo me dovevo essere un incubo!
Penso ai mie fratelli, tutti adolescenti, che venivano svegliati dalla sorellina rompiballe, all’alba per aprire tutti insieme i regali, regali che sapevano esattamente dove stavano e chi li aveva fatti, ma io NO, e dovevano fingere per me, curiosità e stupore!
A ripensarci, penso a quante notti ha passato mio padre, a montare giochi, biciclette, forse anche con la complicità di mio fratello (sicuramente più pratico di lui), e a nascondere regali.
Li andavano a comprare la notte del 5, perché prima li avrei trovati per casa, li vedevo uscire sempre in serata insieme, ma non mi dicevano mai dove andavano… ora lo so.
Da bambina lo adoravo a mio padre, ero la sua ombra, e fin quando non ho avuto l’età per iniziare a contraddirlo, anche lui mi adorava.
Adesso, da adulta (?) lo so che le uniche persone con cui va d’accordo sono i bambini e i cani, cioè coloro che nonostante le follie che fa e dice, lo assecondano, e con loro è generoso d’affetto, ma questa è un’altra storia, che non fa parte dei miei ricordi legati alla Befana, ma dei mie fantasmi passati e presenti.
I miei ricordi legati alla Befana sono altri, sono l’eccitazione dell’attesa, l’amore e la paura verso questa vecchietta lunatica. Sono le giornate del 6 Gennaio passate a giocare con i giochi nuovi. Sono l’unione familiare, sono la scorpacciata di cioccolata che facevo fino a star male con la pancia.
Sono ricordi che adesso da adulta mi mancano da morire.
Quando compresi che la Befana non esisteva, ci rimasi malissimo.
Fu brutto scoprire che il cibo, che lasciavo, erano i miei genitori a farlo scomparire, che le calze, di notte, me le riempivano loro, che potevo dormire tranquilla, perché nessuno sarebbe arrivato in quella notte.
Non ricordo quando accadde, penso intorno ai 6 anni, ma ricordo perfettamente la sensazione di perdita che provai.
Andò così, tra cugini, coetanei, un anno capimmo che Babbo Natale non esisteva, e la conseguenza logica fu che nemmeno la Befana esisteva e per me fu quella la vera perdita.
Quell’anno, apparecchiai ancora la tavola per la Befana, con il cibo per ristorarsi, fingendo di non sapere, ma al mio risveglio, il cibo era là, mancava solo il caffè e la sigaretta.
La mattina del 6, ancora adesso, mia mamma, qualche volta, mi fa trovare la calza sul letto, dopo che mi sono alzata (di certo non più all’alba) per fare colazione.
A modo suo, è ancora una piccola magia che la Befana compie, e questa cosa, continuo, e continuerò, a tenerla stretta al cuore.

PS: Si accettano libere interpretazioni sul significato “il cappello alla Romana”, perché non ho trovato, da nessuna parte, come sia sto cappello!!!

BUONA BEFANA a tutti gli eterni bambini…