domenica 25 maggio 2008

Funeral Party ( ...non il film! )


Ieri sono stata ad un funerale, e con altri amici presenti, dopo, si è parlato del rito funebre e della sua importanza per elaborare un lutto.
Che tu sia cattolico, o credente in un’altra religione, o anche ateo, un rito funebre chiude un cerchio, aiuta nell’accettazione dell’evento.
Si parlava anche di come un rito funebre potesse aiutare le persone nella perdita di un animale (a suo modo un compagno di vita).
Oggi riflettevo su questa cosa e sul web ho trovato storicamente, e nelle varie culture, il significato del rito funebre:

- L’ ufficializzazione alla comunità della dipartita,
- il richiamo a specifiche concettualità etiche o religiose della comunità di appartenenza,
- il giudizio sul defunto,
- l'espressione di solidarietà alla famiglia.

(interessante questo link su wikipedia, v’invito a leggerlo )

Allargando il discorso all’elaborazione di un lutto, visto come una perdita affettiva, ho riflettuto sulla perdita di un amore, non per cause naturali, ma come fine di un amore: l’abbandono subito.
Perdere un amore è un lutto, e come tale necessita di essere elaborato. Forse necessita di un rito funebre, affinché questa elaborazione inizi.
Mi sono domandata, allora, quali riti funebri ho usato per superare un disamore e se il non utilizzo di questi riti, in alcuni casi, mi abbia reso più difficile, emotivamente, il distacco.
Ricordo che dopo un grande dolore per un abbandono, feci una busta piena di roba regalatami da lui, tutti i regali, tutti i ricordi, e la buttai in un cassonetto. Il gesto fu molto liberatorio, in quel momento avevo compiuto, inconsapevolmente, il mio rito funebre a quell’amore.
Altre volte ho cancellato centinaia di sms conservati, e numero di telefono dal cellulare. Anche quello a suo modo era un rito funebre.
In altri casi, questa forza di “cancellare” o di “buttare” non l’ho avuta, e ho mantenuto un legame emotivo, con quella persona. E’ come se non fossi riuscita a sentirla come morta, ma solo in “coma vegetativo” in attesa del “miracolo del risveglio”.
In quest’ultimo caso, la ripresa della vita normale, intesa con completezza, con l’abbandonarsi emotivamente a qualcun altro è stata dura, molto più dura di quando ho celebrato, a mio modo, un inconsapevole rito funebre.
Cosa ci porta allora a non avere la forza, in certi casi, a mettere in atto un rito funebre?
Perché non riusciamo a mettere una fine emotiva a qualcosa, e continuiamo a restare attaccati a qualcosa che non c’è più? Ci diciamo che siamo ancora innamorati e che non riusciamo a dimenticare.
Ma anche quando celebriamo un simbolico rito funebre, l’amore non si spegne dall’oggi al domani, semplicemente decidiamo, fermamente, di andare avanti… da soli.
Allora nel caso in cui non abbiamo la forza di celebrarlo quel rito funebre, vogliamo rimanere legati ad una speranza di un ritorno, oppure, più semplicemente, ci tuteliamo per paura di nuove sofferenze date da un nuovo amore?

“Solo coloro che si tengono lontani dall’amore possono evitare la tristezza del lutto. L’importante è crescere, tramite il lutto, e rimanere vulnerabile all’amore.”

John Brantner

4 commenti:

zefirina ha detto...

una volta la "società" aiutava in questa elaborazione del lutto, c'erano tutta una serie di riti che piano piano ti portavano all'accettazione dello stesso, sono ferrata in materia avendo letto tutto il leggibile quando è morto mio marito, ora invece non ci si dà il tempo di elaborare, si vorrebbe star bene subito e questo non è possibile.

Su anobii ho messo i libri che riguardano tali argomenti, per gli abbandoni sentimentali non è male:
Lasciami. Ignoranza dei congedi di Franco La Cecla

zefirina ha detto...

p.s. comunque il film è veramente spassoso
tipicamente inglese

Anonimo ha detto...

...Fa paura camminare da soli,fa paura vedere che il tempo passa e fa paura pensare che un qualcosa che sembrava eterno possa essere finito...giá elena_alf

Anonimo ha detto...

Suggestiva l'analogia emotiva. Ma da quando ho vissuto il lutto della morte ho molto ridimensionato il lutto d'amore.